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5. mar, 2019

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Roma 5 marzo 2019

IL PONTE HONG KONG ZHUHAI MACAO

L’inaugurazione di questa gigantesca opera di ingegneria ha fatto giustamente scalpore e mi sembra interessante darvi qualche notizia. Innanzitutto chi negli ultimi anni è atterrato qualche volta a Hong Kong di giorno non può aver fatto a meno di notare dei grandi piloni e qualche struttura in mare sul sentiero di atterraggio  e, informandosi, avrebbe saputo di cosa si trattasse. Il Sud della Cina costituisce la Greater Bay Area che, a lungo pianificata, è ora una delle regioni di massimo sviluppo del Paese unendo insieme due regioni ad amministrazione speciale e nove municipalità sulla base di un’idea analoga a quella della JingJinJi di cui vi ho parlato ampiamente. Questo sogno, nato negli anni ’80 del secolo scorso per opera di Gordon Wu che si era ispirato all’attraversamento della baia di Chesapeake in USA, aveva un grosso problema: la possibilità di creare infrastrutture capaci di connettere aree differenti, specie in una regione percorsa dal “Fiume delle Perle” con le relative difficoltà di attraversamento.

Prima di parlarvi del ponte voglio ricordarvi un po’ di storia con risvolti personali. All’inizio degli anni ’80 chi voleva attraversare la “cortina di bambù” ed entrare in Cina da Hong Kong doveva affrontare un viaggio abbastanza avventuroso. Innanzi tutto un taxi fino alla frontiera e qui eravamo ancora in una modalità “occidentale”. A questo punto, arrivati in vicinanza di un ponte, il taxi si fermava, scaricava i bagagli e tornava nella confortevole metropoli “inglese”. Chi proseguiva, sbrigate le formalità da questo lato, doveva attraversare un ponte trascinandosi i bagagli, fino a un capannone affollatissimo di “varia umanità” vociante, in cui un fortissimo odore di aglio ti impregnava i vestiti e tutto il corpo. Li bisognava aspettare e... sperare! Sperare di farsi strada fino al controllo dei passaporti e dei bagagli, e, passati di là, sperare che ci fosse qualcuno che ti accogliesse e con uno sgangheratissimo pulmino ti portasse a destinazione. Io feci quel viaggio una volta sola per andare in un remotissimo villaggio del Guandong ed ancora me lo ricordo. Ero già entrato in Cina altre volte, ma sempre per via aerea ed arrivando in un grande centro. In quel modo l’impatto era meno pesante, meno “traumatico”. L’attraversamento del ponte, la dogana e il trasporto attraverso villaggi fatti di casupole poverissime, arrivando dai grattacieli e dal lusso di Hong Kong era, vi assicuro, traumatico. Si provava la sensazione, certamente non vera perché i Cinesi già allora erano gentilissimi e protettivi, come di entrare ad Alcatraz, da dove potevi vedere il mondo a cui eri abituato ma non sapevi se, e quando, vi saresti tornato. Facciamo un salto di trent’anni. Ho attraversato altre due volte quella frontiera; la prima per andare a Zhu Hai dove avevamo un cantiere. Arrivato di prima mattina all’aeroporto di Hong Kong, comprai un biglietto del Ferry, e mi imbarcai comodamente per qualche ora di traversata in mare e poi lungo il fiume. All’arrivo mi attendeva la macchina del mio albergo dove, comodamente seduto in poltrona e sorseggiando una bibita rinfrescante, facevo il check in.

Ancora più impressionante il mio viaggio verso Shenzhen. Prenotai una macchina dell’albergo, una Mercedes, e caricati i bagagli mi dedicai a guardare il paesaggio. Dopo breve tempo l’autista si fermò a un casello, mi chiese il passaporto e scese dalla macchina. Trascorso qualche minuto mi pregò di abbassare il finestrino in modo da consentire a una persona in divisa di darmi un’occhiata distratta e ripartimmo. Eravamo in Cina! Era cambiato un mondo, ma non erano passate generazioni; ero sempre io ad aver attraversato quel vecchio ponte ed ora a viaggiare comodamente in Mercedes, e mi sembrava che fosse passato qualche giorno solamente.

Tutto ciò non era evidentemente sufficiente per creare quella zona di sviluppo, una delle culle del programma “China 2025” che sta mettendo paura al mondo occidentale.

Eccolo il “ponte” (che in realtà è più che altro un viadotto sul mare)  HZMB con uno degli acronimi di moda oggi in fig.1 e 1 A.

Alcuni dati

HZMB è’ lungo, fino a Zhuhai, 55 km (per alcuni 57 ma dipende cosa si esclude dal computo) di cui 6,7 km. di tunnel sottomarino. Per fare alcuni confronti esso è venti volte più lungo del ponte di San Francisco, ha 420.000 ton. di strutture di acciaio, 60 volte la torre Eiffel, è progettato per resistere a terremoti di grado 8 della scala Richter ed a super tifoni (uno lo ha già affrontato).E’ stato infine progettato per un’operatività di 120 anni.

Non è però il “ponte” più lungo, almeno nell’accezione che vi ho dato prima; ma solo il sesto (Fig. 2),dietro ad altri quattro ponti della Cina continentale ed uno dell’isola di Taiwan. Tutti la stessa famiglia!

Nel 2009 è cominciata la progettazioni ed i primi movimenti terra; nel 2010 furono completate tutte le approvazioni necessarie; a marzo 2013 fu calato in acqua il primo settore del “tubo sottomarino” e a dicembre dello stesso anno furono montate le prime strutture aeree; nel settembre 2016 si completò la posa delle strutture aeree; nel giugno 2017 si concluse la posa del tunnel sottomarino: nel giugno 2018 si completarono i collaudi: il 24 ottobre 2018 c’è stata l’inaugurazione ufficiale e l’apertura al traffico.

La costruzione

C’era un’esigenza fondamentale: preservare in ogni momento la libera navigazione di un tratto di mare estremamente trafficato. Il tunnel sottomarino risolse una gran parte, la più difficile, del problema. Il tunnel a sei corsie è costituito da 33 sezioni prefabbricate e posate sul fondo del mare a 45 metri di profondità. Ogni segmento fu prefabbricato a terra, trasportato fino al punto di immersione mediante rimorchiatori e quindi calato in mare. (fig. 3 e 4). A ovest del tunnel tre ponti strallati i cui piloni sono a forma di vela contribuiscono a loro volta a mantenere aperte le vie di traffico.

Le isole artificiali hanno comportato notevoli problemi tecnici. Sono quattro, due ai lati del tunnel sottomarino e le altre due ai due capi di tutto il sistema, uno a Hong Kong e l’altro a Zhuhai/Macao. Quella di Hong Kong per esempio copre 150 ettari ed ha richiesto, oltre al normale lavoro di reclaiming del terreno, anche la costruzione di una diga marina di oltre sei chilometri. Buona parte di essa è stata realizzata mediate enormi cassoni a tenuta, ognuno dei quali di 31,5 metri di diametro (per fare un esempio “cinese” più grandi del tempio del cielo a Pechino). Uno schema della realizzazione si può vedere in fig. 5

Un’opera colossale quindi, ma….

Perché tutto questo?

In tutto ilo mondo, ed anche nella nostra piccola Italia, si dice che le infrastrutture, di tutti i tipi, materiali e immateriali, sono uno dei principali motori dello sviluppo. Da noi oggi per fare un tronco della metropolitana di Roma si impiega molto di più di quanto si impiegò per fare l’intera autostrada del sole. Altrove, ma non solo in Cina, queste opere si fanno davvero, e pensando ad una strategia di sviluppo per molti decenni futuri (come si fece per il traforo del Fréjus e per l’autostrada del sole), non a miserevoli e contestabili calcoli di breve termine come stiamo facendo per la TAV.

Vi do alcuni dati (fig. 6). La Great Bay Area copre un’area di 56.000 km2  (quattro volte meno della Gran Bretagna), ed ha una popolazione analoga. Ha un GDP di 1500 miliardi di $ contro 1530 della Corea del Sud.

Questo ponte infine non è una “cattedrale nel deserto” ma un anello di un intero sistema di comunicazioni stradali e ferroviarie che fa di tutta l’area un conglomerato industriale e commerciale modernissimo e gigantesco Fig 1. 7, 8). Nelle figure successive alcune foto tratte, come le precedenti, dal SCMP.

Ed infine….

Per chi fosse interessato, ecco il link, a qualche filmato del ponte,

Una descrizione  generale

Il momento in cui un tifone colpisce il ponte

Una breve storia del ponte

Una breve storia della costruzione

Una corsa attraverso il ponte in sei mimuti

Ma c’è un altro breve filmato che voglio farvi vedere. Si tratta dell’autostrada Cina Pakistan, realizzata in 36 mesi, In essa c’è un punto incredibile, l’area del lago Attaabad; 24 chilometri che certo non dimenticherete,

Ultimi commenti

23.11 | 15:42

Grazie, leggo sempre con piacere i tuoi articoli.

19.09 | 17:02

O.K. !!!

31.05 | 14:33

Grazie a te. So bene che i miei articoli sono abbastanza "pesanti" e quindi talvolta noiosi

31.05 | 13:16

Notevole questo articolo del 30 maggio. Attendo con impazienza il seguito tra un mesetto! Grazie Nino per il tempo che dedichi a provare a colmare la nostra immensa ignoranza. A presto.

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